Le persone con cui lavoriamo sono persone straordinarie nel senso più largo del termine: capaci di un’umanità e un affetto fuori del comune ma con capacità sensoriali, motorie e cognitive spesso limitanti che impediscono loro di relazionarsi adeguatamente, di comunicare e dunque di integrarsi con la società.
Inizialmente il nostro lavoro si è concentrato sulla pratica motoria di base costruendo esercizi e percorsi divertenti atti ad acquisire e migliorare gli schemi motori di base: camminare, correre, saltare, rotolare, ecc.
Successivamente abbiamo introdotto esercizi a coppie o di gruppo per migliorare le qualità relazionali, far prendere coscienza del proprio corpo e del corpo dei compagni di pratica. Tutti questi esercizi nel tempo sono stati mantenuti per variare e qualificare i nostri incontri ma con il tempo abbiamo eseguito vere e proprie tecniche di aikido selezionando quelle che meglio si adattano alle capacità fisiche di ognuno e ad una più generale sicurezza della pratica. Questa scelta ha fatto si, per le caratteristiche dell’aikido che aumentasse l’attenzione generale e la propensione a ricercare una maggiore perfezione del gesto; nella nostra esperienza l’esecuzione di tecniche marziali non ha mai innescato episodi violenti o di tensione come ci si potrebbe immaginare anzi all’opposto si presta maggiore attenzione all’altro e sono nati sentimenti spontanei di mutuo soccorso.
L’aikido prevede tecniche di immobilizzazione a terra e di caduta e questo destava in noi preoccupazioni anche dovute a specifiche patologie presenti in alcuni componenti dei gruppi con cui abbiamo lavorato; la progressività e la cura con cui siamo giunti ad eseguire questi esercizi però ci ha consentito di non trovare particolari difficoltà così, nessuno si è sentito costretto o è andato in ansia per le immobilizzazione e anche nel caso delle cadute al suolo è stato divertente costruirle e poi eseguirle sia all’indietro (più semplici) che in avanti (più complesse).
Le cadute nell’aikido sono volontarie, morbide e non interessano la zona della testa e delle cervicali per cui risultano come dei rotolamenti, un po’ più complessi ma che permettono di rialzarsi immediatamente e senza troppi sforzi; abbiamo avuto l’idea che la metafora delle “ukemi” così si chiamano nell’aikido cioè che in palestra come nella vita si possa cadere ma anche rialzarsi senza troppi danni sia passata nei “ragazzi” che a volte scoraggiati da un esercizio particolarmente ostico sanno velocemente rianimarsi e riprovare fino ad ottenere sempre, o quasi, migliori risultati.